I Promessi coni

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Ice Party

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Salgo

Autore: Alessandra Angelucci

Taglio. Ho deciso. Capelli corti e tempie rase. Tavoliere di un altro modo di affacciarsi sul mondo.

Cosa vedi? Solo una mano lieve che passa umile fra i resti dei miei pensieri.

Taglio. Perché nella vita non si recidono solo le foglie. Ho partorito così. Chi l’ha detto che le cose semplici meritino un posto all’angolo, là dove di solito germina la muffa?!

Sono certa di non ricordare il nome dell’ultimo albero che ho guardato con attenzione. Forse una quercia. E intanto pigio tasti in attesa di una melodia.

So cos’è il desiderio. Suonavo il pianoforte, un tempo, e probabilmente ieri ho scritto qualcosa di eccitante. Ricordo solo che c’era tanto sole.

Ci provo. Non mi spaventa il rumore delle forbici. Le ciocche cadono a terra copiose e non m’importa cosa dirà la gente. Ho fatto anche la valigia ma non sto fuggendo. Non hai visto le mie scarpe? Mi interessa il ritorno dopo il passo dell’esperienza. Ora sento il rumore del treno. Annunciano un altro arrivo.

Comunque l’ho detto. Taglio. Nessun ripensamento. Lo faccio e basta.

Lo vedo il tuo sorriso nascosto. Credi non sia capace, ma non è una sfida. Un lancio di dadi troverebbe migliori scuse. Dicono crescita, sentirsi bene dentro i propri panni.

Sì, lo so. Cadranno abbondanti i ricci di ieri. Li conterò uno a uno. Sarò felice. Nessuno vuole restare appeso al filo fragile di ciò che era al tempo in cui gattonava. Oggi sono in piedi. Lo diranno, lo dirai: eri davvero bella con i capelli lunghi.

Taglio. E andrà bene a tutti. Sarò benedetta nel potere della scelta. E tu cosa hai fatto? Quando è stata l’ultima volta che hai deciso di fare qualcosa soltanto per te?

Abbracciami. È solo un viaggio diverso. Sono sempre io. Anche la valigia è la stessa. Cambia solo la meta. Se penso poi a cosa ho messo dentro, mi sento bene. La chiudo. La riaprirò quando vedrò arrivare il sole. Ho in mano il biglietto e il vociare lo sento lontano.

Taglio e parto. Mi piace l’immagine che disegnano queste parole. Qualcosa resta indietro: la vedo fluttuare nel mare dei ricordi. Va bene così. E poi lo slancio. È questo che mi interessa: procedere. E ora penso ai numeri primi e a quanto fossi brava nei calcoli matematici. Rivedo tutte le tavole. Ero io. Lo sono anche ora, ma le equazioni non funzionano più.

Mi siedo. Sulla linea bianca vedo il resto di un biscotto. L’afa d’agosto ha sciolto la sua forma. Quale bocca avrà parlato?

Taglio. L’ho fatto. Quanto mi piace la carezza della mano fra i millimetri che vivono in testa. Sensualità senza apparenza. Mi piaccio. E l’orologio segna quasi l’ora giusta.

Non temporeggio più, adesso. L’ora della partenza s’è fatta vicina. Sono certa di aver indossato scarpe giuste. Sarà un bel viaggio. Sul collo arriva un alito di vento fresco. Suggestione di chi sosta per alcuni istanti in stazione.

Lo faccio ancora e con piacere. La mano arriva dritta alla nuca. Preludio di un saluto atteso. Scaccio via l’ultimo pensiero negativo e non m’ero mai accorta che su quel sedile di marmo ci fosse scritto “Io ci credo”. Ci siede sopra una signora in carne con la gonna gialla.

Bacio il caldo ogni volta che arriva. C’è anche adesso che indosso i sandali. Ti vedo sicura mentre vai via con la solita sigaretta in mano. Se prima o dopo il fischio del capostazione non lo ricordo più.

Ho voglia di un gelato. Quanto corrono i minuti se guardi alle lancette e non godi del paesaggio. Manca poco e il desiderio non si placa. Inutile tardare dove hai già deciso di voler sostare. Lo faccio. Anche qui. Corro. Tutto può accadere quando la voglia è più forte dell’indugio.

Farò tardi. Forse no. È un problema secondario.

Un cono alla stracciatella con due cialde. Urto un braccio alla porta, mentre entro nella gelateria del bar che ho davanti. Arredamento vecchio. Ormai brucia pure l’asfalto del marciapiede. Che bella idea, m’è balzata in mente. Sono tristi le notizie dei giornali lasciati aperti sul tavolo. Io no, per cui passo avanti e mi precipito fuori.

Un morso al cono croccante. Da bambina ci soffiavo sopra. Sposto subito il pensiero e so che voglio partire. Allungo il passo. Sento odore di buono prima di varcare l’uscio che porta al mio treno.

Taglio. L’ho fatto. Intravedo il profilo dei miei seni sul vetro del bar. È fatta. Sento di nuovo la musica. Proviene da una radio lasciata accesa fra i liquori e i bicchieri vuoti.

Rallento un attimo prima di uscire. Controllo la borsa. Sì, ho preso tutto. Il biglietto è ancora qui, a portata di mano. Cerco di intendere le parole. Qualcuno chiede di alzare il volume.

Addento un pezzo di cioccolata. Finisce sempre così il mio cono gelato.

Sto per salire. Vedo gente accelerare il passo. Penso di farlo anch’io. Attendo un istante ancora. Qualcosa mi tiene. La musica. Le parole. Sono certa di averla sentita tante volte. Ma come si chiama? Qualcuno al bar sussurra «volare». Parola profetica, penso.

Che sciocchezza rischiare di perdere il treno. E poi canto anch’io. Oscillo. In realtà sogno di ballare. Sono io. Taglio. L’ho fatto.

Abbiamo trasmesso “Nel blu, dipinto di blu”. Gentili ascoltatori, un altro grande successo di Domenico Modugno.

Salgo.

 

Alessandra Angelucci (Giulianova, 1978) è docente di Lettere e giornalista. Nel 2012 ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie Mi avevi chiesto di fermarmi qui (Duende Edizioni, Premio Roccamorice), nel 2015 Post-it. Appunti sulla scuola e nel 2016 Il Rovescio delle lettere. Interviste e ricordi (entrambi Di Felice Edizioni). Critico d’arte, ha curato mostre in Italia e all’estero, oltre alla rubrica “Colazione da Alessandra” per l’emittente Radio G Giulianova. Attualmente scrive di arte contemporanea per Exibart e per la casa editrice Di Felice dirige la collana d’arte “Fili d’erba”. La parola è la sua compagna più fedele.

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